Si è spento a 88 anni Goffredo Fofi, una delle figure più indipendenti e originali del panorama culturale italiano. Educatore, saggista, critico letterario e soprattutto cinematografico.
Fofi è stato animatore di riviste fondamentali come «Quaderni piacentini», «Ombre Rosse», «Linea d’Ombra», «Lo Straniero» e «Gli Asini».
Nato a Gubbio nel 1937, figlio di un artigiano socialista, Fofi ha vissuto fin da bambino l’orrore della guerra e la povertà, ma anche una precoce passione per la lettura e il cinema.
Dopo gli studi, si unisce giovanissimo alle battaglie non violente di Danilo Dolci in Sicilia, dedicandosi all’emancipazione dei più deboli e all’educazione dei bambini in difficoltà. Ricorderà sempre quegli anni e l’esperienza alla Mensa dei bambini proletari di Napoli come i più felici della sua vita.
Fofi ha raccontato l’Italia delle migrazioni interne nel suo primo libro, «L’immigrazione meridionale a Torino» (1964), e ha sempre difeso un’idea di cultura come strumento di emancipazione e non di spettacolo effimero.
Il suo pamphlet «L’oppio del popolo» è una critica feroce alla riduzione della cultura a semplice intrattenimento.
. Ha dissentito anche da figure come Pasolini, pur riconoscendone la lungimiranza, e si è ispirato a pensatori come Albert Camus e Aldo Capitini, abbracciando una visione etica fondata sul rifiuto della rassegnazione e sull’importanza dei doveri.
Come critico cinematografico, Fofi ha firmato studi pionieristici su Totò, Alberto Sordi, Marlon Brando e ha collaborato con Mario Monicelli.
Negli ultimi anni, il suo sguardo sulla società italiana si era fatto più pessimista, ma non aveva mai smesso di credere nell’impegno civile: «Si fa sempre politica, anche quando la si rifiuta».
Goffredo Fofi lascia un’eredità di pensiero libero e di instancabile passione civile, un esempio raro di coerenza e indipendenza intellettuale.





