Quando l’eccellenza italiana incontra la passione per il vino, nascono capolavori che il mondo intero riconosce. Ecco i nostri campioni del 2025.
Signori, parliamo di qualcosa di serio. Non di mode passeggere o tendenze social, ma di vera eccellenza italiana che fa scuola nel mondo.
Wine Spectator, la bibbia americana del vino dal 1976, ha appena assegnato i suoi Restaurant Awards 2025 e l’Italia si conferma una potenza assoluta con 58 ristoranti premiati.
Tra questi, sei hanno conquistato il Grand Award, il riconoscimento più ambito che esista nel mondo della ristorazione enologica.
I numeri che contano davvero
3.811 ristoranti premiati a livello globale, divisi in tre categorie che salgono come una piramide dell’eccellenza. Alla base gli Award of Excellence, poi i Best of Award of Excellence, e infine i Grand Award: solo 97 insegne internazionali raggiungono questa vetta. Noi italiani? Ci siamo con sei ristoranti, una presenza che non è solo numerica ma qualitativa.
Non parliamo di fortuna o di coincidenze. Parliamo di visione, di investimenti intelligenti, di quella capacità tutta italiana di far dialogare territorio e internazionalità, memoria e innovazione. È questo il segreto che ci permette di competere con giganti come gli Stati Uniti, che dominano con oltre 2.000 ristoranti premiati.
I magnifici sei italiani in Wine Spectator: leggende viventi
Conosciamoli uno per uno, questi templi del vino che onorano il nostro Paese:
Enoteca Pinchiorri (Firenze) – Il nome dice tutto. Oltre 80.000 bottiglie che rappresentano una delle cantine più straordinarie del pianeta. Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde, insieme al sommelier Alessandro Tomberli, hanno creato qualcosa che va oltre la ristorazione: è pura arte enologica.
La Pergola (Roma) – Il tristellato guidato da Heinz Beck, dove Marco Reitano orchestra una sinfonia di etichette che accompagna alla perfezione la cucina stellata. Roma che incontra il mondo, con classe.
Ristorante Cracco (Milano) – Nella magnifica cornice della Galleria Vittorio Emanuele, dove Gianluca Sanso cura una carta dei vini che rispecchia l’eleganza meneghina e l’apertura internazionale.
La Ciau del Tornavento (Treiso) – Regno dello chef Maurilio Garola, con numeri che fanno girare la testa: oltre 65.000 bottiglie e 5.400 etichette da tutto il mondo. Il Piemonte che abbraccia il mondo.
Antica Bottega del Vino (Verona) – Tempio storico dell’Amarone, gestito da Luca Nicolis. Qui la tradizione veneta diventa esperienza pura, senza compromessi.
Il Poeta Contadino (Alberobello) – 3.300 etichette da ogni angolo del mondo, curate da Leonardo Marco. La Puglia che sorprende e conquista con raffinata profondità.
Le nuove stelle che brillano
Ma non finisce qui. Tra i Best of Award of Excellence, due nomi meritano un applauso speciale per la loro crescita costante: Cannavacciuolo Le Cattedrali ad Asti e Osteria del Viandante a Rubiera. Entrambi premiati nel 2024 e riconfermati quest’anno, dimostrano che l’eccellenza italiana non è un caso isolato ma un sistema che funziona.
E poi ci sono le otto new entry che hanno conquistato per la prima volta il Best of Award of Excellence. Da Acquolina Ristorante a Roma a Tuya Milano, passando per Gucci Osteria da Massimo Bottura a Firenze. Nomi che raccontano un’Italia che sa rinnovarsi senza perdere la propria identità.
Più di una lista: una filosofia
Quello che rende speciali questi riconoscimenti non sono solo i numeri o le etichette rare. È la filosofia che c’è dietro. Cucina e vino, binomio imprescindibile, come scrive giustamente Gambero Rosso. Un legame che noi italiani abbiamo trasformato in cultura, esperienza e stile di vita.
Ogni carta dei vini di questi ristoranti racconta una storia. Non è solo una collezione di bottiglie costose, ma un percorso che spazia per profondità di annate, valore delle etichette, varietà e coerenza con la cucina proposta. È questo approccio narrativo che fa la differenza.
Il confronto che non fa paura
Certo, i numeri parlano chiaro: gli Stati Uniti continuano a dominare la scena con oltre 2.000 ristoranti premiati, di cui più di 70 con il Grand Award. La Francia, nostra storica rivale, ha 4 ristoranti premiati con il Grand Award. Ma noi? Noi abbiamo qualcosa di diverso.
Abbiamo la capacità di essere globali rimanendo profondamente italiani. Abbiamo quella magia che trasforma una cena in un’esperienza, un calice in un racconto, una cantina in un viaggio attraverso territori e tradizioni.
L’eredità che costruiamo
Ogni volta che un ristoratore italiano investe nella propria cantina, ogni volta che un sommelier studia per perfezionare gli abbinamenti, ogni volta che scegliamo di alzare l’asticella della qualità, stiamo costruendo qualcosa di più grande di noi stessi.
Stiamo costruendo un’eredità che parla di passione, di competenza, di quella capacità tutta italiana di fare le cose non solo bene, ma con l’anima. È questo che Wine Spectator riconosce, è questo che il mondo ammira, è questo che ci rende unici.
Il futuro ha radici profonde
Guardando questi nomi e questi numeri, una cosa è chiara: l’Italia del vino non è solo presente, è protagonista. Non insegue mode, crea tendenze. Non si accontenta, innova. Non si nasconde dietro la tradizione, la fa evolvere.
Ogni Grand Award conquistato è un messaggio al mondo: qui il vino non è solo bevanda, è cultura. Qui la ristorazione non è solo nutrimento, è arte. Qui ogni bottiglia aperta è una storia che inizia, ogni brindisi è un ponte tra passato e futuro.
Bravi, signori. Continuate così. Il mondo vi sta guardando, e quello che vede gli piace molto.
Salute all’Italia che sa ancora stupire.





