Nel mondo della vendita di oggi, i commerciali si trovano ad affrontare sfide che un tempo sembravano impensabili.
L’avvento del digitale ha trasformato radicalmente il modo in cui le aziende ed i clienti interagiscono: molte tipologie di campagne di marketing possono ora essere gestite in autonomia, grazie a strumenti tecnologici sempre più sofisticati ed accessibili.
Allo stesso tempo, l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il processo di vendita, semplificando attività come l’analisi dei dati, la profilazione del cliente e persino la creazione di contenuti promozionali personalizzati.
In questo contesto, vendere magari prodotti tradizionali ed obsoleti, con metodi classici e poco innovativi, diventa un’impresa ardua.
La difficoltà crescente spinge così molti commerciali a forzare la comunicazione, superando spesso i limiti del buon senso e della cortesia, nel tentativo disperato di farsi ascoltare e conquistare il cliente.
Dal rispetto all’invasione: il declino della buona educazione nei contatti commerciali
In passato, il metodo principale per avvicinarsi a un potenziale cliente era professionale e misurato: un’email introduttiva, una richiesta gentile per un appuntamento, e solo con il consenso dell’interlocutore si inviava materiale informativo o proposte commerciali.
Oggi, però, molte strategie di vendita sembrano essere deragliate verso una fastidiosa aggressività che rasenta lo stalking.
I cosiddetti “commerciali d’assalto” non si limitano più a inviare offerte via mail. Hanno trasformato la loro attività in una caccia serrata e invasiva, caratterizzata da chiamate telefoniche ripetute, spesso fastidiose quanto le peggiori di un call center.
In aggiunta, l’invasione degli strumenti digitali ha aperto ai venditori tattiche ancor più sgradite: messaggi continui via WhatsApp, con richieste pressanti, messaggi consecutivi senza soluzione di continuità, e talvolta anche veri e propri tentativi di intrusione nella sfera privata.
Questa modalità aggressiva può facilmente trasformarsi in una fonte di stress e irritazione per il destinatario. Non solo rompe la routine lavorativa, ma crea anche un senso di fastidio crescente perché le richieste arrivano senza alcuna forma di rispetto per i tempi, i momenti e le preferenze della persona contattata.

Spesso, poi, la mancanza di un primo contatto formale ed il non rispetto delle norme di privacy e normali buone pratiche danneggia la reputazione stessa dell’azienda rappresentata.
Il risultato? Molti potenziali clienti scelgono di evitare ogni contatto diretto, aumentando la diffidenza verso il comparto commerciale, e acuendo quel sentimento diffuso che vede nelle nuove tecniche di vendita “spamming” e stalking.
La soluzione ideale per il mondo delle vendite oggi dovrebbe tornare a valori di rispetto e trasparenza
Un primo contatto tramite canali ufficiali, la richiesta di consenso per comunicazioni successive, e la consapevolezza che il cliente non è un bersaglio da bombardare bensì un interlocutore da ascoltare.
Solo così sarà possibile costruire relazioni durature e di valore, lontane dall’immagine negativa del “commerciale d’assalto” che troppo spesso rovina l’intero settore.




3 commenti
Ho lavorato in un call center per 1 anno raggiungendo ottimi risultati (vinsi anche una crociera).
Fondamentale l’educazione…il sorriso…che sono due cose che pur stando al telefono si percepiscono immediatamente.
La maleducazione?…..si raccoglie ciò che si semina
Marco Marcaccio grandissimo rispetto per i lavoratori e le lavoratrici dei call center che come lei correttamente e con eleganza raggiungono ottimi risultati!
Vabbè ma c’è la funzione di anti spam sul telefono, attivatela.
Poi si può anche bloccare il numero.
Se poi capita di rispondere basta dire non mi interessa, saluti.
Non capisco dove sia il problema.
Chiamano anche a me, non è che io sia immune.
Evito accuratamente cose dove mi chiedono il numero di telefono, quello sì.
Se lo date a cani e porci poi è ovvio che vi chiamino.